L’infarto rappresenta la più frequente causa di morte nei paesi occidentali (in Italia circa 140mila persone ogni anno), in quanto come per molte malattie cardiovascolari, esiste una stretta correlazione con le abitudini alimentari e uno stile di vita non sempre sano.
Sebbene comunemente si pensi che l’attacco di cuore sia un problema prettamente maschile, dopo la menopausa, quando viene meno la protezione degli estrogeni, il rischio per il sesso femminile aumenta notevolmente. Le donne sono generalmente poco consapevoli del loro rischio cardiovascolare, perciò spesso si tende a sottovalutare il problema e a non prendere in considerazione le avvisaglie. È importante invece fare caso ai segnali: il 30% dei casi di infarto riguarda infatti le donne over 60 e il recupero della funzione cardiaca dopo un infarto è frequentemente più debole nelle donne rispetto agli uomini.
L’infarto è una patologia di origine multifattoriale, ossia una patologia di cui sono responsabili, in misura variabile, diversi fattori, che peraltro non sono uguali in tutti i pazienti. I principali fattori di rischio, come dimostrato da numerosi studi, possono essere ricondotti a fumo, ipertensione arteriosa, diabete mellito, stress, obesità, sedentarietà, ipercolesterolemia (in particolare alti valori di LDL e bassi di HDL) e familiarità.
Circa il 50% dei pazienti colpiti da infarto muore prima di arrivare in ospedale, un dato molto significativo che riguarda l’importanza sostanziale di riconoscere la patologia nelle sue fasi iniziali. Identificare precocemente i sintomi di questa patologia e recarsi tempestivamente al pronto soccorso può infatti essere di vitale importanza, anche se purtroppo non è sempre facile riconoscerli.
In molti casi l’attacco di cuore è preceduto da alcuni sintomi pre-infarto, dei segnali premonitori spesso sottovalutati. I pazienti che attraversano una fase pre-infartuale di norma avvertono disturbi cardiaci sotto sforzo, quando cioè il cuore è sottoposto a un maggiore lavoro che non è in grado di sostenere. Si verifica una dispnea, cioè la sensazione di respirazione difficile, solitamente accompagnata dalla fame d’aria, in cui il paziente cerca invano di aumentare la profondità della fase inspiratoria, ma senza nessun beneficio. Per questo motivo il principale sintomo d’infarto è un intenso dolore toracico localizzato in sede retrosternale che insorge improvvisamente, con violenza e che persiste per un tempo variabile e che non si attenua neppure a riposo. Di solito esso tende a propagarsi dalla spalla sinistra, al braccio, alla gola e talvolta alla mandibola, analogamente al mal di denti. La spiccata lateralità sinistra di tutte queste manifestazioni deve mettere in allarme il paziente: anche se l’intensità del dolore non è eccessiva e si potrebbe attribuire a un malessere generale, in realtà potrebbe aggravarsi in qualche ora.
Tra i sintomi di infarto miocardico si possono riconoscere anche dolori alla porzione superiore dell’addome, con spasmi gastrici accompagnati da intensa sensazione di pirosi (acidità e bruciore di stomaco). La sensazione è quella di una morsa che opprime il petto.
Come capire se il mal di stomaco è una premonizione di un infarto del miocardio? Se il dolore a stomaco e addome non è crampiforme, ma continuo e profondo, se alla nausea segue il dolore e se dopo il vomito il soggetto non trova sollievo, allora i sintomi non sono collegabili alla digestione.
È molto comune che in presenza di cardiopatie gravi come l’infarto, il soggetto incominci a sudare copiosamente mentre il corpo è scosso da brividi, a causa di una profonda alterazione omeostatica di tutto il corpo. La causa del sudore freddo è riconducibile a intensi processi di vasocostrizione, che stimolano le ghiandole sudoripare a funzionare in maniera anomala. Anche se si tratta di un sintomo transitorio e non allarmante, la sudorazione fredda può essere un sintomo di infarto, soprattutto se associato a oppressione toracica, palpitazioni, pallore del volto, dispnea, nausea e vomito. La produzione di sudore freddo è, infatti, un controsenso funzionale, in quanto il sudore viene normalmente emesso dalla pelle per abbassare la temperatura corporea. In presenza di infarto, invece, viene a mancare il controllo termoregolatorio e il corpo è sottoposto a uno stress funzionale per cui emette sudore nonostante la temperatura corporea sia più bassa del normale.
È comunque fondamentale ricordare che per l’infarto miocardico, come per molte malattie, la migliore terapia è la prevenzione, cominciando dal correggere alcune scorrette abitudini alimentari e comportamentali fino al usufruire di alcuni dispositivi che la tecnologia ci mette a disposizione.
L’holter cardiaco o elettrocardiogramma dinamico è un esame non invasivo, eseguito impiegando un piccolo registratore che, grazie a elettrodi applicati sul torace del paziente, monitora in maniera continuativa (da 24 a 48 ore) l’attività elettrica del cuore e consente di valutare la regolarità del ritmo e la presenza di aritmie cardiache, alterazioni della frequenza cardiaca, per escludere o confermare patologie coronariche. In particolare, questo esame è indicato per:
- il rilevamento di aritmie cardiache (da quelle ipocinetiche, in cui la frequenza del battito è inferiore alla media, alle tachiaritmie, in cui è superiore alla media che, generalmente, è compresa tra i 60 e 100 battiti al minuto);
- lo studio di alterazioni discontinue del ritmo cardiaco;
- la diagnosi di cardiopatie ischemiche (specialmente nei casi in cui si manifestano in maniera silente, cioè non accompagnate da una sintomatologia importante come il classico dolore anginoso);
- l’approfondimento di disturbi come cardiopalmo, dolore al torace, vertigini;
- il controllo del funzionamento di dispositivi impiantati come il pacemaker;
- il monitoraggio di parametri cardiaci che possono essere alterati dall’utilizzo di antibiotici o farmaci neurologici.
La diagnosi di certezza di Infarto miocardico richiede invece l’esecuzione di un elettrocardiogramma a 12 derivazioni, un esame diagnostico non invasivo, sicuro, indolore e della durata di pochi minuti, che permette di valutare le variazioni elettriche che si verificano durante l’attività cardiaca. In caso di infarto acuto, il cuore non riesce a svolgere normalmente la sua attività, per cui cerca di sopperire con un focus irregolare pur di generare un battito. Le extrasistoli, appunto, sono battiti cardiaci anomali, provocati da impulsi contrattili che insorgono prematuramente rispetto allo stimolo fisiologico e che progressivamente, diventando sempre più numerose, portano ad aritmie complesse chiamate palpitazioni. La loro presenza è tipica di alcune cardiopatie tra cui soprattutto lo scompenso cardiaco e l’infarto del miocardio.
In questo campo la farmacia è ormai un punto di riferimento nell’offrire servizi di alta qualità, utili nel garantire una corretta prevenzione e in alcuni casi un intervento tempestivo.