I lipidi sono componenti fondamentali per l’organismo e rappresentano una delle quattro classi di principali di interesse biologico assieme a glucidi, aminoacidi e acidi nucleici. I lipidi svolgono funzione protettiva, energetica, strutturale, endocrina, di trasporto, e perciò, è essenziale monitorare la concentrazione ematica dei grassi, evitando sia difetti che eccessi.

Negli ultimi anni si è verificato un incremento del numero dei soggetti in sovrappeso e obesi, dovuto alla facilità di accesso alle risorse alimentari, all’assunzione di comfort food ad alto contenuto calorico e alla sedentarietà.  L’Iperlipidemia (eccesso di trigliceridi e colesterolo), per questo motivo, può essere considerato un fattore diagnostico per valutare lo stato metabolico dell’organismo; inoltre rappresenta un fattore di rischio per l’insorgenza di patologie cardiovascolari e metaboliche (diabete, Sindrome metabolica) e l’accumulo di grasso ectopico (viscerale) è considerato un potenziale innesco delle patologie infiammatorie croniche di basso grado e del loro mantenimento.

Attraverso gli esami ematochimici le voci di riferimento per valutare i valori ematici di lipidi sono:

Trigliceridi totali: v.n. 50-150 mg/L

Colesterolo totale v.n. 70-200 mg/L:

HDL: v.n. uomo 35-45 mg/L, donna 40-60mg/L

LDL: v.n. 50-175 mg/L

Prima di effettuare le analisi del sangue è opportuno osservare 12 ore di digiuno ed evitare l’assunzione di sostanze psicotrope come il caffè o la nicotina che mobilitano i trigliceridi presenti nel tessuto adiposo.

I trigliceridi e il colesterolo sono molecole lipofile, e per questo motivo, necessitano di “navicelle” capaci di trasportarle nel torrente circolatorio e raggiungere tutti i distretti periferici. Queste strutture, definite anfipatiche, presentano una componente, esterna idrofila, formata da apo-proteine superficiali e fosfolipidi e un nucleo costituito da trigliceridi e colesterolo libero ed esterificato. Le lipoproteine plasmatiche sono classificate In base alla densità e alla loro attività di trasporto in:

chilomicroni: sono lipoproteine plasmatiche che trasportano il colesterolo e i trigliceridi introdotti con l’alimentazione nel torrente circolatorio. Vengono sintetizzati negli enterociti dell’intestino tenue come conseguenza dell’arrivo del chimo e trasportano i grassi in periferia. Raggiunte le cellule, si sfaldano, donando loro i trigliceridi presenti all’interno e il colesterolo e i fosfolipidi esterni, necessari per le funzioni cellulari.

VLDL: sono strutturalmente e funzionalmente simili ai chilomicroni, ma la loro sintesi avviene principalmente nel fegato (90%), utilizzando trigliceridi, fosfolipidi e colesterolo endogeni (o le rimanenze dei chilomicroni). Sono, perciò, le sentinelle della concentrazione ematica dei trigliceridi. L’eccessivo in-take alimentare, portando ad un surplus di trigliceridi e colesterolo senza necessità metaboliche porta conseguentemente ad aumento della sintesi di VLDL e, quindi, ad ipertrigliceridemia.

IDL: sono intermedi delle VLDL, convertite velocemente in LDL, tanto che la loro concentrazione ematica è difficilmente rilevabile. Tuttavia in situazioni di sovralimentazione,la loro concentrazione diventa importante e parte di queste possono sfuggire alla conversione. Le dimensioni ridotte causate dalla perdita dei trigliceridi da parte delle VLDL, permettono loro di attraversare l’endotelio dei vasi dove questo è più permeabile. Per questo motivo le IDL sono le principali indiziate per la formazione della placca aterosclerotica e l’insorgenza delle patologie cardiovascolari.

LDL: comunemente definito “colesterolo cattivo”, si forma a seguito del metabolismo delle VLDL. Trasportano il colesterolo e gli acidi grassi alle cellule, il cui ingresso è mediato dalla presenza di recettori che riconoscono le apo-B 100 presenti sulla superficie delle lipoproteine. I recettori delle apo B-100 sono maggiormente concentrati nelle cellule che necessitano maggiore richiesta di colesterolo (ad es. cellule deputate alla sintesi degli ormoni steroidei). All’interno delle cellule le LDL rilasciano colesterolo libero e trigliceridi, trasformati poi in acidi grassi e glicerolo. Il colesterolo in eccesso attiva idrossimetilglutaril-CoA reduttasi (target principale dell’azione delle statine) che ne inibisce la sintesi de novo. L’eccesso di LDL è comunemente associato all’aumento del rischio cardiovascolare, dovuto alla formazione della placca ateromasica. La permanenza prolungata in circolo, infatti, aumenta la probabilità di ossidazione delle LDL che vengono poi fagocitate dai macrofagi, diventando cellule schiumose ad alto contenuto lipidico, principali costituenti della placca ateromasica.

HDL: si formano a seguito del metabolismo dei chilomicroni a livello epatico. Le HDL sono responsabili del trasporto inverso del colesterolo libero in eccesso, proveniente dal metabolismo delle lipoproteine, al fegato; per questo motivo viene considerato come colesterolo “buono” attribuendole un ruolo protettivo nei confronti della formazione della placca ateromasica.

La concentrazione ematica dei lipidi è regolata dalle necessità metaboliche dell’organismo esplicata attraverso il controllo ormonale. Riscontrare valori ematici dei lipidi al di là del range di normalità, rivela alterazioni del metabolismo energetico, aumentando il rischio per l’insorgenza di patologie croniche come il diabete e l’ipertensione oltre all’aumento del rischio delle patologie cardiovascolari maggiori (ictus e infarto). Il bilancio energetico positivo prolungato (ipernutrizione e sedentarietà) sarebbe quindi il comune denominatore delle patologie più diffuse nelle società “occidentali” e che gravano sulla salute dei cittadini e sui Sistemi Sanitari Nazionali dei vari Paesi. Oltre a incentivare uno stile di vita sano, attraverso la pratica dell’attività sportiva e la scelta di un pasto con proporzioni di nutrienti previste dal piatto di Harvard, è possibile ricorrere all’ausilio di alcuni nutraceutici che aiutano l’organismo a rimettersi in moto, ripristinando i valori ematici alterati.

I più conosciuti sono:

Fosfatidilcolina: è un glicerofosfolipide, componente principale della lecitina. E’ presente in molti alimenti, tra cui il tuorlo d’uovo, i semi di soia, le arachidi, il frumento e il fegato di vitello. La lecitina è uno dei componenti dell’enzima lecitina-colesterolo aciltransferasi (LCAT), presente sulla membrana delle HDL. Il ruolo dell’enzima è quello di trasportare il colesterolo in eccesso presente in periferia all’interno delle HDL. In questo modo il colesterolo ritorna al fegato dove può essere impiegato per la sintesi di di ulteriori lipoproteine o escreta attraverso la bile. La fosfatidilcolina può essere utile per abbassare i livelli di colesterolo in circolo (LDL elevate), migliorando le capacità delle HDL di fare “pulizia” in periferia;

Policosanoli: sono alcoli a lunga catena estratti prevalentemente dalla canna da zucchero. Ai policosanoli si attribuirebbero proprietà simili alle statine, perché ridurrebbero l’enzima idrossimetilglutaril CoA del 50% a dosi di 10-20 mg. E’ inoltre riconosciuta attività antiaggregante piastrinica. Per questo motivo il suo utilizzo è controindicato in gravidanza e in soggetti con disturbi della coagulazione. Ad oggi, non esistono claims specifici per i prodotti a base di policosanoli da parte dell’Efsa (Autorità europea per la sicurezza alimentare);

Riso rosso fermentato: è ottenuto dalla fermentazione del riso da cucina ad opera di un lievito, il Monascus. Attraverso l’attività metabolica il lievito rilascia dei metaboliti, tra cui la monacolina K, la cui struttura e attività è simile a quella delle statine. Infatti, la monacolina K blocca la sintesi del colesterolo per inibizione idrossimetilglutaril CoA. Per questo motivo il riso rosso è commercializzato come integratore ipocolesterolemizzante; la sua attività si è rivelata analoga a quella della lovastatina, precursore delle statine, probabilmente per merito del fitocomplesso prodotto dal Monascus. Per la similarità strutturale e farmacologica, i prodotti a base di monacolina K possono indurre gli stessi effetti collaterali delle statine, come i dolori muscolari dovuti alla lisi delle cellule muscolari; per questo motivo è opportuno che gli integratori contengano il coenzima Q10 che protegge dal danno ossidativo esplicato dalla monacolina K.

Berberina: è un alcaloide presente nella radice delle piante della famiglia Berberis. La sua azione ipolipemizzante è attribuita alla sua capacità di indurre l’espressione di recettori per le LDL sulla membrana delle cellule del fegato, migliorando la captazione del colesterolo. Per quanto la berberina risulti sicura dal punto di vista tossicologico e farmacologico, la sua attività è limitata dalla bassa concentrazione a seguito dell’assunzione. Tuttavia, si è visto che la sua biodisponibilità è aumentata grazie all’associazione con la silimarina, presente nel cardo mariano, in questo modo si associa l’attività ipocolesterolemizzante della berberina al detox epatico della silimarina.